Docs Blog – Pordenone Docs Fest

Anticipazioni Pordenone Docs Fest

Dal 10 al 14 aprile con la XVII edizione di Pordenone Docs Fest Le Voci del Documentario, il festival di Cinemazero che ogni anno porta a Pordenone il meglio del cinema del reale internazionale, la città torna capitale del documentario, palcoscenico esclusivo di storie in anteprima nazionale che raccontano il mondo al di là dell’informazione accessibile tramite i diversi mezzi di comunicazione.

«Metteremo al centro i diritti delle donne e dei minori, illuminando storie poco note, ma non per questo meno importanti. Le faremo conoscere a un pubblico attento, desideroso di andare oltre ciò che viene raccontato quotidianamente dall’informazione generalista. Un pubblico che ogni anno si aspetta visioni mai banali e luci sia su temi capitali che ignoti, tenendo come bussola la qualità cinematografica e l’importanza delle testimonianze, con l’ottica di una ricaduta sociale tramite il documentario» – Dice il curatore Riccardo Costantini. – «Cinemazero non poteva quindi non rendere omaggio – con una retrospettiva, una tavola rotonda e molti ospiti – a Franco Basaglia, a cento anni dalla sua nascita. E per noi questo evento non è un semplice anniversario rivolto al passato ma soprattutto un monito per il nostro presente, una freccia lanciata verso il futuro. Ecco perché Franco Basaglia ha 100 anni, indicativo presente, qui e ora. In Friuli, in Italia, nel mondo. Perché Basaglia è stata una delle figure più internazionali che la cultura e la società italiane abbiano saputo esprimere dagli anni Sessanta ad oggi: le sue ricerche, le sue azioni, le sue idee sono vive ed attive dovunque ci sia una volontà riformatrice della società, dovunque ci sia un pensiero critico e libertario».

A questo intellettuale cardine della storia del Novecento il festival dedica una retrospettiva, anche itinerante nei cinema del Friuli Venezia Giulia e poi in Italia, ricostruendo molte delle tappe del “viaggio basagliano” che ha Trieste e Gorizia come luoghi fondamentali. L’iniziativa, sostenuta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, s’inserisce anche nei percorsi culturali di “Go2025! – Gorizia / Nova Gorica capitale europea della cultura”. Per la parte filmica è a cura di Federico Rossin, ed è frutto di lunghe ricerche nei principali archivi. Si tratta di un programma con un taglio pedagogico rivolto soprattutto alle nuove generazioni, che con prodotti televisivi e cinematografici, italiani e internazionali, racconta la vicenda umana e politica di Basaglia e del movimento antipsichiatrico, accompagnata da una pubblicazione che contiene una filmografia critica dedicata a documentario e malattia mentale con una prospettiva internazionale e trans-storica. Prevista anche la presentazione, in collaborazione con gli Archivi di Cinecittà – Istituto LUCE (nell’anno del centenario del LUCE) di Nessuno o tutti – Matti da slegare di Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, versione più ampia, ricca e varia del noto Matti da Slegare, su grande schermo per la prima volta dal 1976 nella sua versione integrale ritrovata. 

Anche quest’anno, tante le anteprime nazionali presentate al pubblico e in concorso. Tra queste, Mourning in Lod della regista israeliana Hilla Medalia offre una speranza di pace per il conflitto israelo-palestinese: dall’immersione nel microcosmo di violenza, rabbia e speranza di Lod/Lydd, una delle cinque città “miste” abitate da israeliani e palestinesi, a 50 chilometri a ovest di Gerusalemme, emerge una storia incredibile che lega indissolubilmente e per sempre – in un dono d’amore e di futuro – le famiglie delle due parti in causa.

Con il commovente Mediha di Hasan Oswald (che sarà presente al festival), prodotto anche dall’attrice premio Oscar Emma Thompson, si riporta l’attenzione sul genocidio yadiza raccontato attraverso gli occhi e la determinazione di una adolescente (che firma molte delle riprese e parte della regia) che affronta il trauma della prigionia e della schiavitù dell’Isis – di cui è stata vittima – senza rassegnarsi, diventando protagonista e testimone del riscatto della vendita all’estero anche dei propri fratelli più piccoli.

Hiding Saddam Hussein a distanza di vent’anni fa riemergere la davvero incredibile testimonianza di un uomo semplice, un agricoltore iracheno che – obbedendo a degli ordini – tenne nascosto in casa propria il dittatore per otto mesi, nel corso di una delle cacce all’uomo più spietate degli ultimi decenni. Un racconto firmato dal regista norvegese di origine curda Halkawt Mustafa (presente al festival).

Dopo il successo di Be My Voice (e del suo tour italiano condotto da Tucker Film), vincitore del premio del pubblico al festival nel 2021, la regista svedese-iraniana Nahid Persson torna in Italia, accompagnando il suo ultimo documentario, Son of the mullah, in cui racconta la storia del giornalista iraniano Ruhollah Zam che, per l’impossibilità di esprimersi liberamente nel suo Paese, è stato costretto a raccontarne le contraddizioni dall’estero…fino a essere rapito con l’inganno e poi giustiziato dal regime iraniano. Il racconto costante della corruzione, dell’ipocrisia e della ferocia dei regimi è un esempio concreto del ruolo che il festival vuole svolgere sostenendo i film anche oltre la durata della manifestazione.

Non manca infine spazio per la leggerezza con un’altra anteprima nazionale, Alreadymade dell’olandese Barbara Visser, che racconta l’assurda storia di Fountain di Marcel Duchamp l’orinatoio più famoso di sempre, di cui la regista indaga la paternità svelando inaspettati retroscena. La riflessione sull’arte e sulla sua forza, con toni ironici e dissacranti, è anche di Soviet Barbara, altra anteprima nazionale, firmato dall’islandese Gaukur Ulfarsson’s e che vede l’“art star” internazionale Ragnar Kjartansson ricreare in pieno stile “Soviet” la soap-opera americana “Santa Barbara” in un museo moscovita di proprietà di un’oligarca, con tanto di benedizione di Putin e ospitata delle Pussy Riot, in un contrasto di denuncia e provocazione.

 Molti eventi collaterali arricchiscono come sempre l’offerta della manifestazione, che accanto alle proiezioni offre masterclass, tavole rotonde, incontri industry e approfondimenti realizzati grazie al coinvolgimento di professionisti, associazioni e ong, in particolare con un focus sul “Triangolo mancato”, cioè la grande lacuna del rapporto ordinato e coeso fra registi/produzioni, distributori ed esercenti cinematografici per quel che concerne il documentario, e la finestra sui giovani registi italiani emergenti “Italian Doc, Future!”.

Importante anche la seconda edizione di Nord Est Doc Camp, laboratorio di finalizzazione di documentari in fase di montaggio prodotti nel Triveneto e che gode del sostegno di tutte le Film Commission di questi territori, e ha visto già nella sua prima edizione uno dei film seguiti – Vista Mare – vincere il prestigioso “Festival dei Popoli” ed essere presentato al Festival di Locarno, a testimonianza della bontà del percorso di tutoraggio sviluppato.

Il festival gode del contributo del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema, della Regione Friuli Venezia Giulia, del Comune di Pordenone, della Fondazione Friuli.

PO – Pordenone Docs Fest e Cinemazero insieme per le popolazioni alluvionate dell’Emilia Romagna

Cinemazero e Pordenone Docs Fest insieme per le popolazioni alluvionate dell’Emilia-Romagna! 
Da giovedì 1 a mercoledì 7 giugno torna in sala PO di Andrea Segre e Gian Antonio Stella. Il ricavato delle proiezioni verrà devoluto a sostegno delle comunità emiliano-romagnole colpite dagli eventi estremi di questi giorni.

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Andare al cinema, a vedere un film che racconta una tragedia del passato, ancora drammaticamente presente nella memoria di chi l’ha vissuta, diventa un piccolo grande gesto di solidarietà, che ciascuno può compiere. Il ricavato delle proiezioni in programma verrà devoluto alle comunità emiliano-romagnole attraverso il conto corrente attivato dalla Regione Emilia-Romagna, intestato all’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile.

 
PO è stato presentato in anteprima alla XV edizione del Pordenone Docs Fest – Le Voci del Documentario un anno fa. Prodotto da Luce Cinecittà e distribuito da ZaLab, con il supporto proprio del festival di Cinemazero dedicato al documentario, il film nasceva dalla voglia degli autori, Andrea Segre e Gian Antonio Stella, di colmare un vuoto, riportando a galla la memoria dell’esondazione del Po e della terribile alluvione in Polesine, oltre settant’anni fa.  


Il film parte da materiali cinematografici di rara bellezza: le pellicole perfettamente conservate negli Archivi dell’Istituto Luce, alternate alle interviste ai bambini polesani di allora, oggi ottantenni. Il 14 novembre 1951 l’argine sinistro del Po a poche centinaia di metri dal ponte della ferrovia Padova-Bologna si spacca. La marea invade in pochi minuti le terre del Polesine, una delle regioni all’epoca più povere, più misere di tutta Italia. Migliaia di uomini, donne e bambini scappano, mentre l’acqua rimane stagnante per mesi tra le case e le campagne. Quelle immagini, oggi, non possono non richiamare l’alluvione che ha messo in ginocchio l’Emilia-Romagna proprio in questi giorni.   


«Ciò che ci ha colpiti viaggiando negli archivi e nelle case dei nostri protagonisti è quanto il ricordo sia ancora vivo, come quella alluvione rappresenti in realtà una memoria incancellabile, un passaggio di vita e di storia del Paese da cui è difficile prescindere, lo si può nascondere, ma è davvero sbagliato dimenticarlo», commentano Segre e Stella. «Ascoltando i ricordi dei vecchi bambini polesani e guardando le immagini degli archivi abbiamo vissuto un salto temporale che ha reso questi settant’anni così vicini, tangibili, presenti».  
Memorie ancor più toccanti e vicine, ora, alla luce di quanto stanno vivendo le persone nelle terre alluvionate dell’Emilia-Romagna.  

Manifesto Green: ecco il report del festival!

Un risparmio di 3,5 tonnellate di CO equivalenti: è uno dei risultati ottenuti dal Pordenone Docs Fest, grazie al Manifesto green, il decalogo lanciato quest’anno in occasione della XVI edizione del festival del documentario di Cinemazero. Il numero corrisponde a 12.637 km, la distanza totale che alcuni ospiti hanno scelto di percorrere in treno anziché in aereo, in particolare evitando i voli da e per Roma e Napoli. Ma c’è chi ha preso l’impegno verso la sostenibilità ancora più sul serio: Emma Davie, la regista di “The Oil Machine”, film vincitore del Green Documentary Award, ha viaggiato in treno da e verso Londra.

Grazie al supporto tecnico scientifico di Arpa FVG, il festival ha appena concluso il calcolo delle emissioni di CO2 eq per tutti gli ambiti per cui si potevano formulare almeno delle stime. Sono stati raccolti quanti più dati possibili sui consumi energetici, sul trasporto degli ospiti, dello staff e del pubblico, sul cibo consumato, sulla produzione di rifiuti, considerando non solo i cinque giorni della manifestazione ma, in parte, anche il lavoro d’ufficio necessario per l’organizzazione.

Il numero finale è di 49,6 tonnellate di CO equivalenti emesse in atmosfera. Il peso maggiore lo ha il trasporto delle persone, considerando anche il pubblico, con una stima di 41,4 tonnellate totali, di cui 20 sono imputabili alle auto, 16 all’aereo e 5,4 al treno. Alla luce di questi numeri, la scelta di evitare l’aereo ove possibile risulta particolarmente significativa: 3,5 tonnellate di CO eq risparmiate grazie ai viaggi in treno corrispondono alla capacità di assorbimento di carbonio di 178 alberi all’anno, se si considera che un albero adulto in clima temperato e in ambiente urbano può assorbire in media ogni anno una quantità di carbonio pari a 10-30 kg di CO (dati di Forestami, il progetto di piantumazione di tre milioni di alberi nell’area metropolitana di Milano).

Al secondo posto per quantità di emissioni ci sono i consumi energetici, stimati a 6,4 tonnellate di CO eq. È un aspetto su cui Cinemazero sta già lavorando. A breve, grazie a fondi del Pnrr e insieme al Comune di Pordenone, partiranno i lavori per l’efficientamento energetico del cinema e, sul tetto dell’edificio, verrà installato un impianto fotovoltaico in grado di produrre 21.617,6 kWh annui. L’intervento è stato progettato dallo Studio De Blasio Associati s.r.l. e verrà realizzato dalla ditta Balsamini Impianti Società Benefit srl. 

L’impronta di carbonio si completa poi con 1,8 tonnellate di COeq, relative al consumo di cibo, di carta e altri beni di consumo, oltre alla produzione di rifiuti. Molto è stato fatto per la riduzione di questo valore, già a partire da quest’anno, dalla scelta di offrire buffet vegani o vegetariani, senza spreco di cibo, ai premi in legno, ai gadget realizzati con materiale di recupero. Le borse del festival, infatti, sono state ricavate dagli scarti di tende da esterni dal laboratorio di sartoria sociale della cooperativa Nuovi vicini di Pordenone.

Tanto si può ancora fare: è proprio questo il significato del calcolo delle emissioni realizzato dal festival, con il coinvolgimento di tutto lo staff e grazie al supporto tecnico scientifico di ARPA FVG. A partire dai dati di quest’anno, il festival si impegna a elaborare nuove strategie per migliorare i propri risultati in termini di sostenibilità.  

Too much.. Orson Welles!

Dieci anni fa, nei magazzini di Cinemazero, veniva ritrovato Too Much Johnson, un breve film muto di Orson Welles del 1938, girato quando aveva solo 23 anni. Nel 2013 la pellicola, precedente a Citizen Kane/Quarto Potere e a lungo considerata perduta, è stata restaurata e presentata in anteprima mondiale a Le Giornate del Cinema Muto.
Pordenone Docs Fest, il festival del documentario di Cinemazero, ricostruisce l’eccezionale vicenda grazie a un podcast originale dal titolo “Too Much… Orson Welles!“, scritto a voce da Irene Tommasi per storielibere.fm, con la collaborazione di Massimiliano Coccia e disponibile online sulle maggiori piattaforme d’ascolto.

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Lo straordinario ritrovamento, che ha aggiunto un nuovo capitolo alla storia del cinema, nasconde in realtà una storia intricata dai retroscena misteriosi legati alla sparizione dell’ultima copia del film nell’incendio della casa madrilena del regista nel 1970: una storia perfetta per un podcast che cerca di restituire in cinque puntate non solo il viaggio tortuoso della pellicola ma anche lo scenario più ampio della New York di fine anni Trenta in cui il Too Much Johnson prende vita, la crisi economica del ‘29, il New Deal rooseveltiano, lo show business di Broadway, il nuovo teatro americano e il prolifico talento dell’enfant prodige Orson Welles.
L’autrice è Irene Tommasi, pordenonese, cresciuta nelle sale di Cinemazero, diplomata in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano, laureata in Filosofia e specializzata in Antropologia Culturale. Attualmente lavora nell’ambito della produzione cinematografica e collabora come selezionatrice per il Pordenone Docs Fest. «Uno degli aspetti prodigiosi del documentario – commenta Tommasi – è la sua significativa ricaduta in altri territori tematici e artistici, in un circolo virtuoso che sa innescare riflessioni, idee, azioni. L’esplorazione di queste contaminazioni è una delle linee guida del festival. Nasce proprio da questo esercizio di interconnessione, il primo podcast firmato Pordenone Docs Fest».

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Arrivederci Berlinguer! al festival UnArchive di Roma

Sabato 6 maggio alle 22:30 all’Alcazar di Roma, dopo l’anteprima al Pordenone Docs Fest lo scorso 2 aprile, inizia il tour del cineconcerto “Arrivederci, Berlinguer!”, per la regia di Michele Mellara e Alessandro Rossi, spettacolo prodotto dallo stesso festival di Cinemazero e dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, in collaborazione con Mammut Film, con la musica dal vivo di Massimo Zamboni.

 Un evento speciale che si inserisce all’interno dell’UnArchive Found Footage Fest , il festival diretto da Alina Marazzi e Marco Bertozzi (quest’ultimo anche membro del comitato scientifico di Cinemazero) che valorizza il riuso creativo delle immagini d’archivio.

“L’addio a Enrico Berlinguer”, il film corale sui suoi funerali, realizzato all’epoca, tra gli altri, da Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Silvano Agosti, Roberto Benigni, Carlo Lizzani, Luigi Magni, Giuliano Montaldo, Ettore Scola e Gillo Pontecorvo, è stato rimontato e attualizzato, arricchito di materiali inediti, per mostrare il rapporto umano, caldo e vivo, che il politico riuscì ad avere con le masse popolari. Nella nuova versione, è un film che guarda in avanti, che non vuole celebrare ma dare spunti: per riflettere su cosa significa fare politica, viverla come comunità e in prima persona: oggi urgenza quanto mai necessaria. 

«L’umanità della figura di Berlinguer restituisce dignità, integrità e forza alla politica. Lo raccontiamo a partire dalla grande partecipazione popolare al suo funerale, – spiegano i registi. – Nel nuovo assemblaggio, a intervallare i tempi espansi della lunga cerimonia, abbiamo inserito alcuni suoi interventi che riguardano i temi che ci sembravano più vicini all’oggi: generazioni, donne, famiglia, questione morale, lavoro, e su cui ebbe parole  ancora di estrema attualità, che continuano a farci riflettere». 

Le immagini, provenienti dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, sono state girate per lo più in pellicola, tra le fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta, soprattutto durante convegni e appuntamenti pubblici a cui prese parte Berlinguer. Mostrano l’uomo politico, nella sua veste istituzionale, concedendo poco al privato. Il leader viene rappresentato sempre – forse, a volte, con una dose di serietà eccessiva – nei momenti ufficiali, nell’impeto oratorio di un comizio, nell’incontro di sezione con i militanti del partito. A questi filmati, però, se ne aggiungono alcuni che lo ritraggono nella vita privata, più caldi, momenti che restituiscono, almeno in parte, l’umanità e le fragilità dell’uomo. 

Il montaggio del nuovo film, “Arrivederci Berlinguer!”, è pensato in chiave emozionale, per coinvolgere il pubblico poggiandosi sulle composizioni musicali e la chitarra di Massimo Zamboni: la reiterazione del gesto, le folle, la commozione delle donne, dei politici, delle masse operaie, degli ultimi e dei capi di stato, i pugni alzati: tutto questo diventa sinfonia visiva e musicale allo stesso tempo.

Nord Est Doc Camp: seconda tappa al Trento Film Festival

Si è svolta nell’ambito del 71. Trento Film Festival la seconda tappa di Nord Est Doc Camp, il nuovo laboratorio di consulenza e accompagnamento per documentari medio e lungometraggi in fase di ultimazione, prodotti nel nord-est, ideato e promosso dal festival trentino insieme a Pordenone Docs Fest e Euganea Film Festival, con il sostegno di IDM Film Commission Südtirol, Trentino Film Commission, Veneto Film Commission, Friuli Venezia Giulia Film Commission e la collaborazione del Fondo Audiovisivo FVG.

Dopo il primo appuntamento a Pordenone a fine marzo, durante il quale i quatto progetti selezionati sono stati oggetto di approfondite visioni e discussioni con un panel di esperti e consulenti, a Trento una platea di professionisti dell’audiovisivo (sales agent, distributori, piattaforme, broadcaster, direttori e programmatori di festival) ha potuto scoprirli per la prima volta, in una presentazione riservata con scene selezionate e dialoghi con registi e produttori.

Alla presentazione hanno fatto seguito incontri one-to-one tra i team dei documentari e i professionisti invitati, che segnano l’inizio del percorso che porterà i quattro film al debutto e alla loro futura diffusione tra festival, sale, canali tv e piattaforme online.

In occasione della tappa al Trento Film Festival di Nord Est Doc Camp è stato assegnato anche il premio Premio Arte Video, per un servizio di authoring DCP, compreso di realizzazione e inserimento dei sottotitoli in inglese o in italiano, offerto da Arte Video S.r.l., società leader nel settore dei servizi di post-produzione cinematografica e video, con sede a Palmanova, Roma e Pasadena. La giuria, composta da Alice Arecco di Milano Film Network, Heidi Gronauer direttrice della scuola di cinema Zelig di Bolzano, e Simonetta Zanon della Fondazione Benetton di Treviso, ha premiato il progetto Vista mare di Julia Gutweniger e Florian Kofler, prodotto da Albolina Film di Bolzano, in co-produzione con l’austriaca Eutopiafilm.

La terza e ultima tappa della prima edizione di Nord Est Doc Camp, a Monselice nell’ambito di Euganea Film Festival, il 30 giugno e 1 luglio, prevede un workshop su promozione, distribuzione, marketing, comunicazione e festival strategy, con sessioni di lavoro, consulenza e pianificazione specifiche per ognuno dei progetti partecipanti.

Pordenone Docs Fest – i vincitori della XVI edizione

Oltre tremila biglietti venduti e 5.000 presenze complessive in tutti gli eventi, in cinque densissimi giorni, con numerosi appuntamenti da tutto esaurito, 300 ospiti dall’Italia e dal mondo, 28 Paesi rappresentati nei 25 film in anteprima nazionale e per le tre anteprime assolute: è il bilancio della XVI edizione del Pordenone Docs Fest, la kermesse di Cinemazero che anche quest’anno ha trasformato la città nella “capitale del documentario” in Italia, richiamando l’attenzione degli addetti ai lavori, dei più importanti media nazionali e del pubblico più ampio, diventando. Sempre più il festival diventa un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale, un’occasione per leggere la realtà con occhi diversi, moltiplicare gli sguardi, dialogare, comprendere il presente, immaginare il futuro e il cambiamento. Il tutto nella dimensione accogliente della città di Pordenone, apprezzatissima specialmente dagli ospiti stranieri.

«Quest’anno, più di sempre, abbiamo cercato di testimoniare la forza della comunità, dell’essere Società con la S maiuscola, includendo, testimoniando la necessità di lottare ancora per il ruolo delle donne, di impegnarci per i diritti civili, che per essere tali devono riguardare ognuno di noi, nessuno escluso», è stato il commento, pieno di emozione, del curatore Riccardo Costantini, di fronte alla sala gremita e partecipe, per il gran finale di domenica 2 aprile. «Con il nostro festival abbiamo ribadito che il cinema, con il documentario in particolare, è più vivo che mai!».

Il Gran Premio della Giuria è andato allo splendido “Moosa Lane” di Anita Mathal Hopland, con la seguente motivazione: «La vita e le immagini si incontrano in un progetto decennale all’interno del quale trovano spazio le vicende familiari di una giovane donna, la questione delle origini, dell’identità fragile e a volte contraddittoria degli apolidi, dei profughi e delle seconde generazioni figlie dei flussi migratori. Uno specchio del presente in cui si riflettono controversie e tratti di unione tra culture diverse e distanti. Un esempio luminoso di cinema nel suo farsi, aperto, libero, epifanico». A consegnare il premio le tre giurate: la grande regista cilena Valeria Sarmiento, la regista e sceneggiatrice Costanza Quatriglio e la giornalista e critica cinematografica Beatrice Fiorentino. Una menzione speciale è andata “When spring came to Bucha” di Mila Teshaieva e Marcus Lenz: «Un reportage di guerra che si addentra nel dramma del conflitto in Ucraina schivando la retorica e l’esibizione del dolore, cercando invece nel profondo senso di comunità, nella dignità della popolazione civile e nelle piccole azioni quotidiane, il centro più nobile della resistenza».

Il Green Documentary Award, per il miglior film a tematica ecologica è andato a “The Oil Machine” di Emma Davie, per la capacità di restituire la complessità della crisi climatica dando voce a scienziati, esperti, economisti e attivisti senza dimenticare il punto di vista delle compagnie petrolifere e dei lavoratori che temono di perdere il proprio lavoro. È un film che apre al dialogo e al confronto su una questione epocale, da cui dipende il futuro di noi esseri umani sul pianeta.

A vincere lo Young Audience Award, votato dallo Young club di Cinemazero e dai sessanta studenti di cinema da tutta Italia e dall’estero, accreditati al festival, è stato “Singing on the rooftops” di Eric Ribes Reig, perché «racconta diversi aspetti dell’inclusività, mostrando che la cura e l’amore possono superare ogni barriera: di età, di sessualità, di origini. Dimostra che è possibile generare un legame che unisce più generazioni, e lo fa attraverso un ritratto delicato, sincero ed emozionante».

The art of silence, del regista svizzero Maurizius Staerkle Drux, il primo documentario sulla vita del leggendario artista e mimo Marcel Marceau, proposto nella serata di apertura in collaborazione con Ente Nazionale Sordi di Pordenone, ha vinto il Premio del pubblico.

Il Premio Virtual Reality è andato a “Myriad” di Michael Grotenhoff e Christian Zipfel, il racconto delle incredibili migrazioni degli Ibis eremita, reintrodotti in natura quando si pensavano estinti: è stato questo il titolo più apprezzato da chi ha visitato lo spazio dedicato alla realtà virtuale in Piazzetta Cavour.

Il Premio della Critica, in collaborazione con l’Associazione Festival italiani di Cinema e il Sindacato nazionale Critici cinematografici italiani, è andato a “Steel life” di Manuel Bauer «per la magistrale capacità di racconto e la precisione dell’analisi del contesto socio-economico di un paese sfruttato dal sistema capitalistico».

Al Pordenone Docs Fest si è tenuta anche la prima edizione di Nord/Est/Doc/Camp, il nuovo laboratorio di accompagnamento e consulenza per documentari in fase di ultimazione, prodotti nel nord-est, promosso dal festival di Cinemazero con Trento Film Festival ed Euganea Film Festival, grazie al sostegno della Friuli Venezia Giulia Film Commission, IDM Film Commission Sűdtirol, Trentino Film Commission, Veneto Film Commission. Due i riconoscimenti, entrambi offerti dallo studio Synchro di Dosson di Casier: “Vista mare“di Julia Gutweniger e Florian Kofler (produzione Albolina Film, Bolzano) e “Lazzarone“di Francesco Mattuzzi (produzione Planck Films, Rovereto).

Nord Est Doc Camp 2023

Pordenone Docs Fest e Trento Film Festival, in collaborazione con Euganea Film Festival, presentano un nuovo progetto di laboratorio di consulenza e accompagnamento destinato ai documentari medio e lungometraggi in fase di ultimazione, prodotti nel Nord-Est. Un itinerario a tappe tra Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto, attraverso i festival partner, per mettere a disposizione di registi e produttori in un contesto informale la competenza di esperti selezionati, in una serie di incontri e workshop mirati a esprimere il massimo potenziale dai film in lavorazione: dall’ambito della regia a quello del montaggio, dalla post-produzione alla finalizzazione, dai festival alla distribuzione.

Il progetto si rivolge a opere in fase di montaggiodocumentarie e ibride (non di finzione), prodotte nelle regioni Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, e di durata finale prevista superiore ai 45 minuti. Tra i candidati inviati in seguito al bando, la commissione composta dai rappresentati dei 3 festival partner sceglierà 4 progetti, che intraprenderanno un percorso di feedback e tutoring, con l’obiettivo di consolidare la drammaturgia del film e ampliarne le prospettive di diffusone e distribuzione.

Nord/Est/Doc/Camp gode del sostegno di IDM Film Commission SüdtirolTrentino Film CommissionVeneto Film CommissionFriuli Venezia Giulia Film Commission e la collaborazione del Fondo Audiovisivo FVG.

Il percorso di accompagnamento è articolato in 3 tappe, ognuna è incentrata su ambiti e attività specifici, e si svolge nel contesto di uno dei 3 festival:

I. TAPPA – Pordenone Docs Fest / Le voci del documentario – 30/31 marzo 2023

Feedback intensivo con visione privata, valutazione e discussione del rough-cut integrale o di singole scene pre-montate (in questo caso della durata massima di 60’), con un panel esclusivo composto da 4 tutor affermati, alla presenza di produttore e regista/i del film (ed eventualmente del montatore).

II. TAPPA – Trento Film Festival – 30 aprile/1 maggio 2023

Pitch riservato a una platea selezionata di produttori, buyer, distributori, esercenti, e rappresentanti di festival, broadcaster e piattaforme, con proiezione di una scelta di scene dal film (per una durata massima complessiva di 30’) e una presentazione moderata, seguito da appuntamenti individuali tra i team e i professionisti presenti.

III TAPPA – Euganea Film Festival – 30 giugno/1 luglio 2023

Workshop organizzato in due fasi. La prima prevede interventi di esperti nell’ambito della promozione, distribuzione, marketing, comunicazione e dei festival, per tutti i film e relativi team. Nella seconda fase, si terranno sessioni di lavoro, consulenza e pianificazione specifiche per ognuno dei progetti (della durata massima di 90’).


PREMI

Premio Rete Doc by Doc Servizi – Video con messa a disposizione della sala di color correction per 1 settimana (operatore non compreso), presso lo studio Synchro di Dosson di Casier, Treviso.

Premio Rete Doc by Doc Servizi – Audio con messa a disposizione della sala di mix audio per 1 settimana (operatore non compreso), presso lo studio Synchro di Dosson di Casier, Treviso.

Premio Arte Video per un servizio di authoring DCP, con conformazione di master video ai parametri cinematografici, ricodifica in massima risoluzione PRORES e uscita DCP relativa, compreso di realizzazione e inserimento dei sottotitoli in inglese o in italiano.

Premio Fabrica per la direzione artistica, consulenza grafica e immagine coordinata di un documentario, offerto dal centro di ricerca e residenza per talenti under 25 fondata nel 1994 da Luciano Benetton e Oliviero Toscani, con sede a Catena di Villorba, Treviso.


PROGETTI SELEZIONATI

Al termine la fase di selezione dei progetti iscritti alla prima edizione di Nord/Est/Doc/Camp, i progetti selezionati sono: Lazzarone di Francesco Mattuzzi (produzione Planck Films, Rovereto), Lisca Bianca – Nata libera di Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbica (produzione Ginko Film, Venezia), The Other Side of the Pipe di Marko Kumer (produzione Incipit Film, Udine), e Vista mare di Julia Gutweniger e Florian Kofler (produzione Albolina Film, Bolzano).

Lazzarone

Regia: Francesco Mattuzzi
Produzione: Planck Films, Rovereto
Co-produzione: L’Eubage, Samarcanda films
Michele è il riflesso “sbagliato” da cui le persone cercano le distanze. Non piace, non crea empatia anzi, disturba, irrita e non vuole compiacere nessuno. Michele è se stesso, forse la cartina tornasole di un concentrato umano a cui non vogliamo guardare? Intanto vive isolato, nella sua “favela” per colpa di un passato difficile, passa la maggior parte del tempo a spiare gli “umanoidi” attraverso il binocolo, come in un safari al contrario. La “favela” è la sua ultima salvezza, un purgatorio di penitenza che lo tiene in vita e, contemporaneamente, minaccia di spegnerla; la solitudine e la sua incapacità di cercare il prossimo sono una condanna dalla quale non riesce a liberarsi, anche se nonostante tutto anche lui cerca l’amore, forse attraverso gli abitanti del bosco o tra gli  annunci pubblicitari di un giornale locale. Spesso si perde nella natura incontaminata dei boschi circostanti alla ricerca di un contatto, ha quasi voglia di mischiarsi tra gli alberi, l’erba, così da poter sparire e diventare altro, che non sia un uomo.

Biografia
Francesco Mattuzzi è regista e produttore cinematografico. Nel 2010 ha presentato il film 3D Future Archaeology nella sezione Orizzonti alla 67. Biennale di Venezia, e nel 2016 con The Weight of Dreams ha vinto il Premio RAI Cinema a Visioni dal Mondo International Film Festival di Milano. È stato selezionato come regista emergente al Berlinale Talents 2016, ed è docente in filmmaking presso la Libera Università di Bolzano. Ha recentemente vinto il bando Veneto Writing Lab in collaborazione con Torino Film Lab, per la scrittura del progetto di fiction It’s a Good Day Out.

Lisca Bianca – Nata libera

Regia: Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbica
Produzione: Ginko Film, Venezia
Il film racconta la storia di Lisca Bianca II, una barca a vela che da quasi 40 anni “cambia la vita delle persone”. Lisca è stata prima un nido d’amore per i coniugi Albeggiani, che l’avevano costruita, e con cui ha fatto per due volte il giro del mondo ed ora è diventata un’occasione di riscatto per persone con fragilità. Le storie di Marco e Andrea, gli skipper attuali della barca, di Diana Albeggiani, figlia dei vecchi proprietari, e di alcuni giovani impegnati in un percorso di giustizia riparativa, ci guideranno in questo viaggio tra passato e presente, per scoprire come un veliero possa incarnare per ognuno di loro il senso dell’utopia. Miglio dopo miglio, il film seguirà i tentativi di riscatto personale dei vari personaggi attraverso la mitica figura di Lisca, un “essere” quasi magico che, rinato dalle sue ceneri dopo anni di abbandono, continua a coltivare sogni di libertà.

Biografie
Da sempre appassionata del genere documentario, Giorgia Sciabbica persegue la sua inclinazione diplomandosi al Centro Sperimentale di Cinematografia, sede Sicilia. L’esperienza da filmmaker si fortifica all’estero, prima in una casa di produzione a Madrid e poi trasferendosi definitivamente a Londra. Nel Regno Unito inizia un percorso lavorativo, concentrandosi nella post-produzione televisiva. Accumula una solida esperienza presso importanti case di post-produzione come Splice e broadcaster come Warner Bros e Sky Tv.
Giuseppe Galante si laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Palermo. Durante gli anni universitari collabora con diverse associazioni culturali e politiche occupandosi di comunicazione audiovisiva. Dopo la laurea si trasferisce in Spagna dove ottiene un diploma in Documentario di creazione presso l’Observatorio de Cine di Barcellona, per il quale poi lavorerà come montatore. Come regista e filmmaker ha realizzato i documentari Baciami Giuda e I la nau va e contenuti audiovisivi per diverse organizzazioni culturali e sociali.

The Other Side of the Pipe

Regia: Marko Kumer
Produzione: Incipit Film, Udine
Co-produzione: Rusaalka Films, Slovenia
Una battaglia etica e ambientalista unisce tre uomini lontani tra loro, leader di movimenti di protesta in tre diversi paesi, nel contrastare il più grande progetto energetico europeo mai concepito: un gasdotto che dall’Azerbaigian attraversa la Grecia e arriva fino al Sud dell’Italia. Il documentario segue le vicende di Themis, Ippazio e Altay: tre idealisti le cui ragioni saranno suffragate anche dalle condanne dei tribunali ai politici corrotti che hanno sostenuto la costruzione del gasdotto. Una prima vittoria in questa lotta volta a preservare la natura, la democrazia e i valori europei che ancora continua.

Biografia
Nato nel 1980 a Slovenj Gradec, Marko Kumer è regista e produttore di numerosi documentari e cortometraggi pluripremiati. Ha fondato le case di produzione cinematografica EnaBanda nel 2011 e Rusaalka Films nel 2016. È stato ideatore del seminario di sceneggiatura di cortometraggi Kratka Scena a Lubiana, dove sono ospitati i migliori esperti di sceneggiatura di tutta Europa. È anche uno dei promotori della giovane associazione di produttori Prodorni producenti, parte della più grande associazione di produttori slovena.

Vista mare

Regia: Julia Gutweniger e Florian Kofler
Produzione: Albolina Film, Bolzano
Co-produzione: Eutopiafilm, Austria
Anche se alla fine nessuno lo vuole ammettere – tutti vanno sull’Adriatico. Estate dopo estate, milioni di turisti sono attratti dalle spiagge apparentemente infinite tra Lignano, Jesolo e Riccione. Fila dopo fila, ombrelloni colorati dominano il paesaggio della “più grande vasca da bagno d’Europa”. Ma dietro si nasconde un gigantesco sistema che rende possibile la gestione industrializzata delle masse di vacanzieri. Vista mare offre uno sguardo dietro le quinte di questo sistema operativo, mostra le persone che lo fanno funzionare e racconta le loro realtà lavorative tra palme di plastica e pedalò. All’ombra del presunto idillio vacanziero, il film rende visibili quelle persone che iniziano a lavorare quando il resto di noi può finalmente smettere di farlo. Tra sogni estivi  nostalgicamente trasfigurati e contratti stagionali precari, Vista mare cerca le crepe nel cosmo della spiaggia e mostra in immagini cinematograficamente precise le contraddizioni e gli abissi del sistema adriatico.

Biografia
Julian Gutweniger e Florian Kofler sono due filmmaker e artisti/e provenienti dall’Alto Adige e residenti a Linz in Austria. Insieme hanno creato il documentario lungometraggio Security123 (vincitore Next Masters a Dok Leipzig 2019 e Genziana d’argento – Miglior contributo tecnico-artistico al Trento Film Festival 2020) e i documentari mediometraggi Brennero e Pfitscher.


PARTNER

Nord/Est/Doc/Camp gode del sostegno di IDM Film Commission SüdtirolTrentino Film CommissionVeneto Film CommissionFriuli Venezia Giulia Film Commission e la collaborazione del Fondo Audiovisivo FVG

Se la notte scomparisse – mostra fotografica

Inaugura venerdì 17 marzo alle 17:30 alla Galleria Harry Bertoia di Pordenone Se la notte scomparisse, la mostra fotografica di Mattia Balsamini, a cura di Matete Martini. Due giovani artisti del territorio diventano così protagonisti di un’iniziativa promossa dal Comune di Pordenone con Cinemazero, in occasione della XVI edizione del Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario (29 marzo – 2 aprile) con l’intento condiviso di sensibilizzare su un tema delicato.

«Ringrazio Cinemazero per aver proposto questa mostra. L’esposizione di Balsamini rientra a pieno titolo in uno dei filoni culturali che il Comune sostiene, e cioè valorizzare, rilanciare e dare spazio ai giovani talenti della nostra città. In questo caso parliamo di un fotografo affermatissimo, a conferma della prolificità di Pordenone sotto il profilo artistico e culturale», dichiara l’assessore alla Cultura e vicesindaco Alberto Parigi.

Al centro di questa iniziativa di valorizzazione dei talenti pordenonesi c’è il progetto di ricerca artistica che Balsamini, fotografo trentenne e già affermato a livello internazionale, ha dedicato all’inquinamento luminoso e all’incredibile “scomparsa del buio”. Il libro fotografico che accompagna la mostra, intitolato Protege Noctem — If darkness disappeared, edito da Witty Books, è realizzato in collaborazione con il giornalista Raffaele Panizza, autore anche di tutti i testi  al suo interno, presenti in mostra. La mostra, a ingresso libero, rimarrà aperta fino al 30 aprile, da giovedì a domenica, dalle 15:00 alle 19:00.

«Vogliamo andare oltre il sensazionalismo mediatico e l’infinità di immagini viste, prodotte e rilanciate in continuo, spegnere le luci, rallentare e darci il tempo per riflettere, con i tanti film che si vedranno a Cinemazero e grazie alle foto di Mattia Balsamini in mostra alla Galleria Bertoia, che pongono l’accento sul tema sottovalutato dell’inquinamento luminoso», così Riccardo Costantini, curatore del Pordenone Docs Fest, spiega la sinergia tra il progetto fotografico e il festival del documentario, che trasforma la città in un osservatorio privilegiato sulla realtà. La mostra e la pubblicazione che la accompagnano invitano lo spettatore in un viaggio tra le ultime sacche di resistenza all’onnipresenza della luce, ma espone anche i rischi e i tentativi di correzione ai danni che l’assenza di buio stanno già concretamente causando all’ecosistema, esseri umani compresi.

Nel suo lavoro, Balsamini mette al centro storie che intrecciano scienza, tecnologia, temi sociali e problematiche ambientali, rappresentandoli in modo onirico. «Nella mia ricerca fotografica, il tema del buio è inteso non come entità da cui proteggersi, – afferma l’artista, – ma come spazio per esprimermi, per dare respiro a ciò che non si considera, per far emergere qualità che vengono appiattite dalla troppa luce che ci circonda giorno e notte». Il progetto infatti rappresenta una panoramica randomica che ribalta il senso comune e mostra quanto sia proprio l’oscurità negata a mettere a rischio degli equilibri che la sovrabbondanza di luce stanno già mettendo in crisi.

Il progetto nasce dalla presa di coscienza che per gran parte degli esseri umani ormai il cielo non è più davvero buio, di notte, rischiarato da una sovrabbondanza di luci artificiali, con conseguenze sulla salute umana e sugli ambienti naturali. Si legge nel catalogo della mostra: «Le luci pubbliche, le finestre, i lampioni, persino i fari a LED, emettono uno spettro blu che abbaglia l’ecosistema notturno e danneggia il ciclo circadiano dell’uomo, la sua danza endocrina di sonno e di veglia». Il Parlamento Europeo, infatti, ha sollevato il problema attraverso la Strategia per la Biodiversità 20230, con la richiesta di ridurre l’uso esterno di luci artificiali a tutela della fauna. «Non solo luce in terra, ma anche luce lassù: il proliferare di satelliti per le telecomunicazioni crea false strisce cosmiche che impediscono agli astronomi di compiere studi sulla volta celeste».

Un monito, dunque, che intercetta la sensibilità del Pordonone Docs Fest – da sempre impegnato nell’attivazione di buone pratiche ecologiche, oltre che di denuncia – e lo storico impegno di Cinemazero nella valorizzazione delle eccellenze del territorio, che ha il pregio di porsi come campanello d’allarme capace di stupire anche con la forza e la bellezza delle immagini.

BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

Nato a Pordenone nel 1987, Mattia Balsamini studia fotografia negli Stati Uniti e inizia a lavorare in California, prima in ambito commerciale, poi presso lo studio di David LaChapelle. Lavora per i più grandi marchi internazionali e – fra gli altri – Financial Times, Fondazione Prada, GQ, GEO, Internazionale, Liberation, il Max Planck Institut di Monaco, il MIT di Boston, la NASA, TIME, The New York Times, The Observer, il Politecnico di Milano, The Guardian, Vogue, WIRED…

Una giuria tutta al femminile!

Sarà la grande regista cilena Valeria Sarmiento a presiedere la Giuria, tutta al femminile, della XVI edizione del Pordenone Docs Fest. Le voci del documentario, il festival di Cinemazero che anche quest’anno, dal 29 marzo al 2 aprile, trasforma il capoluogo friulano in un osservatorio privilegiato sulla contemporaneità. Accanto a Sarmiento, a giudicare i film in concorso ci saranno Costanza Quatriglio, regista e sceneggiatrice, direttrice artistica e coordinatrice del Centro Sperimentale di Cinematografia – documentario, e Beatrice Fiorentino, giornalista e critica cinematografica, delegata generale presso la Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Sarmiento, fuggita dalla dittatura di Pinochet per proseguire la carriera a Parigi, con il marito Raúl Ruiz, è autrice di film che illustrano la realtà dell’America Latina da un punto di vista prettamente femminile. Di lei, a Pordenone, verranno presentati per la prima volta in Italia alcuni rari documentari. 

«Abbiamo scelto un terzetto d’eccellenza, a dimostrazione che le donne, nel mondo del cinema e della cultura, ci sono e hanno profili di assoluta qualità. – Dice il curatore del festival Riccardo Costantini. – Bisogna allargare ancora di più la loro partecipazione e valorizzare la loro presenza in tutta la filiera». 

Le tre giurate avranno il compito di valutare quindici documentari in anteprima nazionale, tutti provenienti dai maggiori festival mondiali. Di questi, dieci vedono alla regia una donna, individualmente o come coautrice. Oltre 400 i film valutati nella preselezione, per arrivare ai 46 titoli in programma (7 dei quali sono documentari in Realtà Virtuale), tutti accompagnati da registe e registi, provenienti dai Paesi più diversi: Iran, Francia, Italia, Olanda, Perù, Siria, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Gran Bretagna, Serbia, Ucraina, Turchia, Cile, Pakistan, Danimarca. 

Inclusività, ecologia, femminismo, guerra, disabilità sono i temi che il festival mette in luce con occhi diversi, a rispecchiare la complessità del mondo e le molteplici sfaccettature attraverso cui guardarlo.  

«La nostra selezione ha motivazioni ben precise: punta ad accendere i riflettori su temi di assoluta importanza sociale, partendo prima di tutto dalla qualità e dalla capacità dei film di coinvolgere il pubblico per la loro bellezza, – prosegue Costantini. – Il documentario di qualità può agire concretamente per il cambiamento: i film che proponiamo sono i più intensi e validi sui temi dell’oggi».  

Tra questi, a conferma della vocazione al femminile dell’edizione di quest’anno, “Destiny” di Yaser Talebi, è il ritratto di una giovane iraniana che combatte per i suoi sogni. Vuole essere libera di studiare Medicina, realizzando il desiderio di sua madre, ma anche di avere una vita sui social, ballare e cantare. La famiglia allargata, però, ha altri piani per lei. Il film è un viaggio nell’Iran contemporaneo, lontano dalle città, dove religione e tradizione condizionano rigidamente la vita. ”My name is Happy” di Nick Read e Ayse Toprak racconta l’impegno di una popolarissima star di TikTok e cantante contro la violenza sulle donne in Turchia. La protagonista, una donna curda del sud-est del paese, è capace di trasformare il dolore per il femminicidio della sorella e delle violenze che lei stessa ha subito in un messaggio di protesta per tutte le donne. E ancora “Moosa Lane”, è il personale racconto epico familiare, fra migrazione e necessità di radici umane, della regista danese-pakistana Anita Mathal Hopland, che guarda alla storia delle sue due famiglie, tra Karachi e Copenhagen, per quindici anni.  

Il festival, inoltre, propone la retrospettiva Donne con la macchina da presa, a cura di Federico Rossin in collaborazione con i principali archivi italiani, per ripercorrere le origini del documentario femminista italiano. «Le registe donne facevano film per tutte le donne, per cambiare la vita e la società, usando tutte le armi che il cinema a basso costo poteva loro garantire», afferma Rossin. Le proiezioni diventano un’occasione per chiedersi a quali film del passato le giovani militanti di oggi possono guardare, riconoscendovi i primi passi di una battaglia culturale ancora in corso.  

Oltre alle proiezioni, sempre accompagnate da registi ed esperti, il programma si arricchisce di occasioni di approfondimento legate al mondo del documentario e non solo: convegni, masterclass, matinée, seminari, workshop, concerti, presentazioni di libri, momenti Industry, mostre fotografiche: una proposta articolata, per restituire al pubblico un’immagine mai scontata o definitiva, ma quanto più nitida e completa sui temi e gli argomenti che da sempre il festival mette al centro della sua ricognizione.  

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